Finalmente avevano
modo di parlare con gli altri, anche se non molti avevano la forza o
il coraggio necessario a raccontare la loro storia. Erano quasi tutti
terrorizzati dall'acqua e dalle Lucertole Tonanti, anche se queste
ultime stavano tranquille, coccolate dagli attendenti dei cavalieri.
Nonostante tutto,
Grjusuk era riuscito ad addormentarsi, forse a causa dello
sfinimento.
Eekah riuscì a
entrare in confidenza con un guerriero dalle lunghe corna ricurve,
raccontandogli la loro avventura sul fiume, fino alla cattura.
«Quali sono i
vostri nomi?», chiese il guerriero.
«Mi chiamo Eekah e
il mio compagno è Grjusuk, della tribù di Naetleoz».
«Io sono Sathûke
della tribù di Atnoonar. È un piacere conoscere due giovani
coraggiosi, anche se le circostanze non sono le migliori. Cosa ci
facevate così lontani dalle vostre terre?».
Eekah aveva pensato
che sarebbe riuscito a controllare la piega della conversazione, ma
il senso di autorità che emanava Sathûke lo costrinse a ricredersi:
«Avevo notato già
da tempo che tagliavano gli alberi di Belÿanoth... immagino che
anche voi ci costruiate sopra le vostre case come facciamo noi.
Volevo metterne il Consiglio a conoscenza, ma avevo bisogno di un
testimone, per questo col mio amico ci siamo messi in cammino e
adesso eccoci qui. Tu sai perché tagliano gli alberi?».
«È a causa di ciò
che la mia tribù e quella di Atuvat sono in guerra con gli Uomini
Neri da molti anni, ormai. Ci hanno cacciati sempre più indietro e
molti di noi sono stati catturati. Anche mio figlio è stato preso.
Pensiamo che tagliano gli alberi di Belÿanoth perché sono più
resistenti degli altri al fuoco»
«Continuo a non
capire a cosa gli servono».
«Si dice che siano
in guerra con un popolo del lontano ovest, Uomini Bianchi che vanno
per il mare con navi sputa-fuoco. Probabilmente stanno iniziando a
costruire navi col il legno del Belÿanoth, sperando così di vincere
la guerra».
Eekah era stupito.
Non aveva mai sentito parlare di Uomini Bianchi e di navi
sputa-fuoco. Certo, quello che Sathûke stava dicendo aveva senso, ma
quali erano i programmi per loro?
«Cosa pensi che
faranno di noi?»
«Non lo so,
ragazzo, temo comunque che lo scopriremo più presto di quanto non ci
faccia piacere».
Il viaggio fu lungo
e monotono. Gli attendenti dei cavalieri pescavano dal fiume grandi
pesci argentati che davano in pasto alle Lucertole Tonanti crudi, i
rimanenti, cotti, andavano ai prigionieri.
Nel complesso i
tredici krèmoni furono trattati molto meglio che nel viaggio via
terra. Erano sempre legati mani superiori e inferiori, tuttavia il
cibo era migliore e potevano bere quando ne avevano voglia, non
avevano che da chiedere.
Eekah scoprì che i
due cavalieri parlavano una lingua diversa dai precedenti carcerieri
e riusciva addirittura a comprendere qualche parola qua e là, legata
per lo più alla natura e agli animali: “Albèrro” era “albero”,
“Nash Tolonuk” era “Lucertola Tonante” e “flüm”
era “fiume”, per fare degli esempi. Si stupiva di ciò, e quando
ne parlò a Sathûk questi non seppe spiegargliene la ragione.
Dopo tre giorni di
navigazione Eekah aveva stretto amicizia con tutti i prigionieri. I
due cavalieri li avevano totalmente ignorati, gli attendenti li
avevano controllati molto blandamente e i barcaioli si erano occupati
solo della navigazione.
Alla sera del
quinto giorno, giunsero a un'ansa del grande fiume e il pilota fece
accostare la chiatta a un piccolo molo.
Gli attendenti li
legarono per il collo uno dietro l'altro, liberarono le mani
inferiori e li condussero fuori dalla barca. Furono trasferiti su dei
carri scoperti e scortati dai cavalieri per un lungo cammino
attraverso campi coltivati e frutteti, fattorie e pascoli.
Non si fermarono
neanche durante la notte. La grande Tarij brillava alta nel cielo e
illuminava il terreno quasi come nei giorni di mezzo-sole.
Poco dopo l'alba
giunsero in vista di quella che Eekah giudicò essere una città
degli Umani. Da un'alta collina la si poteva osservare tutta:
circondata da alte e possenti mura, era piena di edifici in pietra,
da molti dei quali si levavano sottili fili di fumo. Era circondata
da un fossato che riceveva acqua dal fiume che scorreva a fianco
della città. Ciò che vide non gli piacque affatto: era troppo
distante dai canoni di bellezza con i quali era abituato a giudicare
le cose e i luoghi.
Quando furono a
circa un chilometro dalla porta, furono colpiti dall'odore pungente
della città stessa come da un pugno allo stomaco, che mozzò loro il
respiro e fece stare male persino i più robusti.
Grjusuk, che era
stato particolarmente male durante il viaggio sulla chiatta e non era
riuscito a digerire il pesce, si era un po' ripreso durante il
viaggio a terra, ma non riuscì a reggere a quell'odore e vomitò il
poco che aveva nello stomaco. Così come lui molti ragazzi vomitarono
violentemente, qualcuno arrivò persino a sputare sangue.
Entrarono in città
attraverso un cancello di ferro ed Eekah ebbe confermata la prima
impressione: tutti gli edifici di quel luogo infernale erano di
pietra.
Furono condotti in
una grande stanza, dove poterono riposare su delle panche di legno e
dove fu servito il pranzo: latte, pane, uova e formaggio. Un pasto
eccezionale, considerando quello che avevano passato durante l'ultima
settimana.
I loro carcerieri
furono alquanto gentili. Dopo che tutti ebbero finito di mangiare li
condussero uno ad uno in una piccola stanza ove venivano liberati
dalle catene, per poi essere portati in un grande ambiente buio.
L'unica luce
entrava da delle piccole finestre poste troppo in alto per guardarvi
fuori.
Erano confusi, non
sapevano che pensare. Molti iniziarono a innervosirsi e pestare pugni
alle pareti, ma improvvisamente una delle pareti si alzò, lasciando
loro una possibilità di fuga!
Molti si
precipitarono fuori dalla stanza, ma Sathûke trattenne Eekahe
Grjusuk, uscendo con loro più lentamente: chiaramente non si fidava
dei suoi carcerieri.
Appena
fuori dalla stanza, la porta si richiuse alle loro spalle e si resero
conto di dove si trovavano e del motivo per cui erano stati portati
fin lì: erano in una grande arena, con migliaia di Umani che
osservavano il macello che stava per avervi luogo.
Tredici krèmoni stanchi e
demoralizzati avrebbero dovuto affrontare mezza dozzina di bestie
feroci, evidentemente molto affamate, che entravano da altrettante
porte dell'arena circolare.
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