I due ragazzi si muovevano velocemente,
saltando da un ramo all'altro aiutandosi con tutte e quattro le mani.
Viaggiavano leggeri, non avendo con sé armi pesanti o altri fardelli
da portare, com'era tipico per quelli della loro età.
Giunti al fiume scesero a terra. Uno
dei due era visibilmente titubante, poiché, come tutti quelli della
sua specie nutriva un profondo terrore dell'acqua.
«Eccoci, Eekah. Come dovremmo fare a
passare dall'altra parte? Il fiume scorre troppo impetuoso per i miei
gusti e io non ho voglia di fare il bagno!».
Eekah lo guardò in tralice,
giudicandolo probabilmente un codardo. Lui non temeva l'acqua,
d'altronde era il figlio del Grande Krèmone e non poteva di certo
permettersi paure di sorta, se voleva ereditare la guida della tribù.
«Dovremo trovare un modo, come feci io
lo scorso sole pieno. Dovrò avere un testimone quando andrò a
riferire al Consiglio ciò che ho visto, altrimenti non mi
crederanno. Se vuoi, sei ancora in tempo per tornare indietro,
Grjusuk, ma così dovrei chiedere a qualcun altro di accompagnarmi...
magari a Leseksha».
«Una femmina? No, ti seguirò. Solo
che ho una paura dannata di questo fiume, accidenti! E ti ripeto:
come faremo a passare di là?»
“È generoso”, pensò Eekah,
“ma non sarà mai all'altezza di guidare una banda in battaglia.
Pazienza”. Voleva bene al suo
amico, ma si rendeva conto dei suoi limiti e in quel momento lo stava
intralciando.
«L'ultima volta io
l'ho attraversato a nuoto, ma non sarà necessario, questa volta.
Vieni, ti mostro una cosa».
Lo guidò lungo la
sponda, risalendo la corrente per un centinaio di metri, fino a dei
giunchi. Lì aveva nascosto un tronco che aveva rozzamente scavato
per farne una canoa.
«Non è granché,
lo so, ma ci aiuterà a passare sull'acqua senza bagnarci! Ho visto
degli umani che le usavano e filavano come il vento!».
Grjusuk non
sembrava granché convinto della trovata dell'amico, ma non espresse
i suoi dubbi, poiché non voleva nuovamente essere preso per codardo.
Spinsero
la canoa in acqua e vi saltarono dentro. La corrente li trascinò
verso il centro del fiume, poi iniziò a spingerli a valle. Soltanto
allora si resero conto di aver commesso un errore grossolano:
l'inesperienza sull'acqua della gente della foresta aveva fatto loro
dimenticare uno strumento per governare la canoa! Erano in balia
del fiume.
Eekah si sforzò di
mantenere la calma e rassicurò il suo compagno, ammonendolo di non
agitarsi troppo, che altrimenti avrebbe fatto rovesciare la barca.
Fortunatamente per
loro la corrente non era forte e li condusse placidamente per diversi
chilometri.
«Dove pensi che
finiremo?», chiese Grjusuk quando si fu calmato un po'.
Eekah cercò di
infondere ottimismo al suo compagno:
«Lasciami
riflettere. Stiamo viaggiando veloci e gli alberi sulle sponde sono
ancora molto fitti. La direzione è più o meno quella che avremmo
dovuto seguire via terra, quindi penso che arriveremo lì dove volevo
portarti... e anche più in fretta di quanto pensassi!».
«E come ci
fermeremo?»
Temeva quel
momento.
«Non pensavo di
arrivare via fiume, ma sono stato un idiota a non pensare che avremmo
avuto bisogno di un palo per governare la canoa. Ad ogni modo,
affronteremo il problema quando si presenterà».
I due ragazzi si
sentivano nudi, troppo esposti, su quella barca, senza la confortante
protezione degli alberi sotto i quali erano sempre vissuti. Perfino
Eekah iniziava a dare segni di nervosismo per tutta quell'acqua
attorno a loro. Grjusuk a un certo punto non era più riuscito a
trattenersi e, senza nemmeno sporgersi fuori, aveva vomitato la
colazione del mattino e la cena del giorno prima.
Il fiume,
fortunatamente, continuava a scorrere placido, ma l'ambiente iniziò
a mutare. Una colonna di fumo in lontananza, il lento diradarsi degli
alberi sulle sponde e l'odore acre che iniziarono a percepire con il
loro potente olfatto, misero Eekah in allarme, mentre il povero
Grjusuk stava tremendamente male e vomitava ancora.
«Dai, amico! A
momenti dovremmo arrivare! Accidenti se viaggia veloce il fiume! A
terra avremmo impiegato quasi tutto il giorno per arrivare, mentre a
giudicare dal sole sarà appena passata l'ora del pasto meridiano».
Grjusuk, con uno
sforzo ammirevole, finse interesse:
«Descrivimi cosa
ci aspetta, Eekah»
«Umani. Decine di
umani che ammassano i tronchi tagliati degli alberi della foresta.
Poi un grande edificio dei loro, dove portano i tronchi con dei carri
e dal quale esce un fumo scuro e fetido. Puoi già sentire l'odore.
Il fumo è laggiù, vedi? Stanno facendo scempio della foresta,
volevo parlare di questo al Consiglio.
«Il fiume si
allargherà e forse riusciremo ad avvicinarci alla riva abbastanza da
raggiungerla a nuoto. Una volta arrivati dovremo stare molto attenti.
Non so cosa potrebbero farci gli Umani se ci trovassero».
«Lo sapevo che
avrei finito per fare il bagno! Per gli dei, Eekah! Non vedi che sto
male? Non credo proprio che riuscirò a nuotare».
«Certo che ce la
farai! Altrimenti andrai giù... eccoci! Stai giù!».
La rozza canoa era
infine giunta a un'ansa del fiume molto ampia, che curvava sulla
sinistra. C'erano punti in cui l'acqua ristagnava e alcune secche. La
canoa rallentò, avvicinandosi alla riva come aveva previsto Eekah.
«Ora! Tuffiamoci!»
e si lanciò.
Al momento di
gettarsi in acqua, però, il contraccolpo causato dal tuffo di Eekah
sbilanciò Grjusuk, che cadde in acqua con un forte tonfo e un grido.
Il rumore attirò l'attenzione degli uomini che lavoravano nei
paraggi.
Eekah, confuso,
cercò di aiutare l'amico e riuscì a tenergli la testa fuori
dall'acqua. Poco a poco, nuotando raggiunse la riva, ma nel frattempo
erano arrivati anche gli uomini, cui sentiva urlare frasi
incomprensibili.
C'era solo una
parola che ricorreva più spesso di altre e che Eekah riconosceva
come offensiva nei loro confronti: “scimmie!”.
Senza tanti
complimenti, diedero loro una botta in testa ciascuno e fu il buio.
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